C’è chi dice che ci siano destini peggiori della Morte. È forse il caso della Storia che Ti narrerò qui di seguito (illustrazioni del nostro schiavo mortale, Carmine Cristallo Scalzi).
Nel cuore delle Foreste d’Ombra, dove gli alberelfi sussurrano agli spiriti e i lupi idrofobi cacciano nella nebbia, viveva un Elfide di nome Ubold. Non era un eroe, né un guerriero, né un potente incantatore. Ubold era un semplice erborista, un raccoglitore di erbe curative che commerciava con villaggi nascosti e carovane di pellegrini diretti a Dicalimesta, la capitale del Regno Elfide del Nascondniglio.
Ma una notte, il destino decise di ridere di lui.
Un Mago Nero di nome Salbodio, esiliato dal Consiglio Arcano per le sue pratiche proibite, giunse nella foresta in cerca di un ingrediente raro: il fiore di Luxmortem, che cresceva solo sotto la luce della luna insanguinata. Ubold, nel suo cuore ingenuo, rifiutò di aiutare il mago, conscio dei suoi intenti oscuri.
Un errore imperdonabile.
Con un sibilo acutissiimo che sembrava provenire dalle viscere dell’Inferno (e forse da lì veniva davvero), il Mago Nero incise un antico sigillo nell’aria, pronunciando parole che non dovevano essere udite da orecchie mortali che fossero umane o Elfiche. La maledizione colpì Ubold prima ancora che potesse gridare: il suo corpo si contorse, le ossa si piegarono in forme innaturali, le sue membra si ridussero mentre il suo volto rimaneva intatto.
In pochi istanti, l’elfide si ritrovò prigioniero di una nuova forma: il corpo di una gallina, ma con la sua testa.
Ubold corse, sbattendo le ali inutilmente, cercando disperatamente di controllare quello che era diventato il suo corpo. La foresta, che un tempo gli era familiare, era ora un labirinto d’incubo. I predatori notturni si aggiravano, gli occhi gialli fissi su di lui, un tempo Elfide e ora un essere grottesco condannato al ridicolo e alla paura perpetua.
I suoi pensieri erano ancora i suoi, ma la sua voce era un ridicolo gorgheggio, un suono che non trasmetteva parole, solo il verso di un volatile destinato alla preda. Disperato, cercò aiuto, ma chi avrebbe mai prestato soccorso a una creatura così mostruosa?
Il Mago Nero non si accontentò solo della trasformazione. Ogni notte appariva, nascosto tra gli alberi, rigirando tra le dita i suoi folti baffi e ridendo dell’ex Elfide, dileggiandolo con incantesimi beffardi. Lo tentava, lasciandogli brandelli di cibo incantato che, al contatto con il suo becco, si tramutavano in cenere.
Gli sussurrava promesse di redenzione che svanivano nell’eco del vento.
“Puoi ancora tornare ciò che eri, Ubold,” mormorava il Mago. “Basta che mi conduca al fiore di Luxmortem.”
Ma l’Elfide, nonostante il terrore, la disperazione e la vergogna, rifiutò sempre.
Con il passare del tempo, le storie della Gallina dalla Testa d’Elfide si diffusero. Alcuni la consideravano una leggenda, altri giuravano di averla vista vagare ai margini delle foreste, camminando lentamente con sguardo malinconico. Nessuno sa che fine abbia fatto Ubold. Alcuni dicono che sia stato divorato dalle bestie, altri che il Mago Nero si sia alla fine annoiato e abbia posto fine alla sua sofferenza. Altri ancora credono che sia ancora lì, nascosto nell’oscurità della foresta, osservando, attendendo una qualche redenzione.
Forse, in una notte senza luna, se vi troverete a camminare nella Foresta d’Ombra, sentirete un flebile e tristissimo richiamo nel vento, un suono che sembra portare con sé il peso di un’anima ormai perduta.